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Brigata Avellino

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La Brigata “Avellino” è stata costituita a Camposampiero nel corso della prima guerra mondiale dai depositi del 60º Reggimento fanteria, 63º reggimento fanteria e dell’82º reggimento fanteria che fornirono ciascuno un battaglione per dare vita al 231º Reggimento fanteria e dai depositi del 10º Reggimento fanteria, del 75º Reggimento fanteria e dell’86º Reggimento fanteria che fornirono ciascuno un battaglione per dare vita al 232º Reggimento fanteria; questi due reggimenti diedero vita alla Brigata Avellino, costituita in prevalenza da siciliani, il cui comando venne affidato al colonnello Antonino Cascino. (Wikipedia)

“Avellino è esultante per le gesta compiute dalla Brigata che dal suo nome prende il nome nella presa di Gorizia”. Questo l’annuncio, datato 9 agosto 1916, con il quale si celebra l’azione della Brigata Avellino. “L’Irpinia, sempre prima nei cimenti e nelle glorie della Patria, anche oggi ha riaffermato il suo antico valore. La provincia tutta è esultante per tanto valore, per tanto eroismo, per tante prodezze compiute dai suoi figli nell’aspro cimento che, per primi, posero il piede in Gorizia riconquistata dalla Patria”.

Al Generale Antonino Cascino è intitolata una delle principali strade del centro cittadino.

I Costumi del XIX Secolo

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All’interno della Sala campeggia un abito da Donna risalente alla seconda metà del XIX secolo, perfettamente conservato all’interno di una teca di cristallo che apre alla visione delle opere di De Fabrizio.

Nella seconda saletta è presente un abito da Paggetto, anch’esso risalente al XIX secolo, che, insieme a quello da Donna, illustra i costumi di una delle epoche più significative nella storia della città di Avellino.

Avellino nello Stato Unitario

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Nella Sala 4 del Museo Civico di Villa Amendola è racchiusa l’essenza del ruolo della città di Avellino nei passaggi che hanno condotto all’Unità d’Italia.

Dallo stemma di Casa Savoia, sotto il quale si ritrovarono anche Avellino e la sua Provincia, alle celebrazioni in memoria di Giuseppe Garibaldi fino al contribuito di Avellino tra le fila delle Camicie Rosse.

Faustino De Fabrizio – Nudo di donna allo specchio (1939)

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Faustino De Fabrizio è stato un pittore irpino, tra i protagonisti dell’Arte del Novecento. Nato nel 1915 a Pratola Serra e deceduto, nel 2005, a Benevento De Fabrizio ha dedicato la sua intera esistenza all’arte e all’insegnamento.

Nel 1927 si iscrive al “Regio Laboratorio Scuola per la Ceramica di Avellino”, antenato dell’attuale Istituto – Liceo Aristico “Paolo Anania De Luca”, allora diretto dal noto ceramista di Grottaglie, Emanuele Di Palma. Successivamente si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Napoli e segue con profitto i corsi della Sezione Pittura, avendo come maestri Emilio Notte e Carlo Sivieri.

Diplomatosi a pieni voti nel 1940, gli viene assegnato il Premio “Filippo Palizzi” come migliore allievo. Intrapresa nel 1941 la carriera di insegnante di Disegno e Storia dell’Arte, si trasferisce dalla natia Pratola Serra, prima a Bagnoli Irpino dove conosce il pittore Gustavo Trillo, nipote di Michele Lenzi, poi ad Avellino, Castellammare di Stabia e quindi a Benevento, non trascurando mai la sua passione per la pittura, che lo porta a divenire, per meriti artistici, membro dell’Accademia Tiberina di Roma, della Free World International Academy di Dearborn (Usa) e socio della Legion d’Oro di Roma.

In settant’anni di fervida attività artistica prende parte a concorsi e mostre nazionali ed internazionali, tra le quali non si può non ricordare la “Mostra d’Arte Italo-Germanica” tenutasi a Vienna nel 1939, la partecipazione ai “Littoriali dell’Arte” a Napoli nel 1941, la presenza di sue opere alla “Quadriennale Europea” di Roma nel 1966, curata da Giulio Carlo Argan, le due personali a Deaborns in USA nel 1968 e nel 1970, e la partecipazione alla Collettiva d’Arte “Anno Santo”, tenutasi a Roma nel 1975 presso l’Accademia Tiberina e inaugurata da Papa Paolo VI e dal Presidente della Repubblica Giovanni Leone.

Tra le e opere dell’artista, donate al Museo Civico di Villa Amendola spiccano: “La Convalescente”, “Ragazza con Libro”, “Ritratto di Angelina De Fabrizio” e “Nudo di Donna allo Specchio” (presente nell’immagine di copertina).

Avellino Capoluogo di Provincia

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L’8 agosto del 1806, dopo l’abolizione del sistema feudale, Avellino veniva riconosciuta come capoluogo dell’antica provincia di Principato Ultra al posto di Montefusco.

Il primo capo della provincia fu il colonnello Giacomo Mazas che, con Regio Decreto del 13 agosto, fu nominato “Intendente”. Mazas ridisegnò il volto della città con l’abbattimento di Porta Napoli e Porta Puglia.

Nella sala che ricorda l’istituzione di Avellino come capoluogo campeggia i’araldica della città, scolpita nel marmo, che una volta trovava posto sulla Fontana di Bellerofonte.

Alfonso Grassi – Fuoco senza pane

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Irpino di nascita, Alfonso Grassi è stato un artista figurativo.

Studiò all’Accademia delle Belle Arti a Napoli, diplomandosi nel 1940, avendo come maestri Vincenzo Gemito, Vincenzo Caprile, Vincenzo Irolli, Emilio Notte, Carlo Seviero, Paolo Vetri e Giuseppe Casciaro. Divenne “allievo” prediletto di Giorgio De Chirico e amico di Gregorio Sciltian e Pietro Annigoni.

Eseguì ritratti di grandi personalità, quali Papa Giovanni Paolo II, Giorgio De Chirico, l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, l’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti, il principe e banchiere romano Alessandro Raffaele Torlonia, il Prefetto della Repubblica Mario Esposito, degli Arcivescovi di Salerno S.E. Monsignor Gerardo Pierro e S.E. Monsignor Guerino Grimaldi.

Qualche tempo dopo la morte del pittore, la figlia Raffaella ha creato a Salerno nei pressi di Piazza Portanova l’Accademia Internazionale D’Arte, Cultura e società Alfonso Grassi, i cui obbiettivi sono quelli di conoscere l’arte del padre e di sostenere gli artisti locali. (Wikipedia)

L’opera “Fuoco senza pane” (olio su tela 80×60 cm) dell’artista nativo di Solofra, custodita all’interno del Museo Civico di Villa Amendola, è stata donata all’Amministrazione Comunale di Avellino a seguito della prima edizione dell’iniziativa “Mostra d’Arte” organizzata dal “Circolo Francesco Solimena” di Avellino tenutasi nel capoluogo dal’11 al 30 agosto 1949.

Sala della Tunica

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All’interno della Sala più spaziosa del Museo Civico di Villa Amendola sono presenti tracce del XIX Secolo, uno dei periodi più importanti nella storia della città e che l’hanno accompagnata in modifiche urbanistiche che ne segnano, ancora oggi, il volto.

Al centro è presente un tipico vestito da donna di quegli anni, adornato anche da un ventaglio. Tra i dipinti si scorgono alcune consolle, donate da cittadini, che descrivono il tipo di arredamento che, al tempo, campeggiava nelle case degli avellinesi.

Carlo II D’Asburgo

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Scopri Carlo D’Asburgo

Carlo II d’Asburgo (1540-1590) era un membro della famiglia reale degli Asburgo, una dinastia che governò l’Europa centrale per quasi 400 anni. Nato a Vienna, in Austria, Carlo II d’Asburgo era il figlio del re Ferdinando I e della sua consorte, Anna di Boemia. Nel 1562, Carlo II d’Asburgo succedette al padre come re d’Ungheria, Boemia e Croazia. Durante il suo regno, Carlo II d’Asburgo si impegnò in una serie di guerre per consolidare il suo potere in Ungheria e in Boemia. Nel 1576, dopo la morte del suo fratello, Maximilian II, Carlo II d’Asburgo divenne il successore legittimo dell’Impero asburgico. Dopo la sua morte nel 1590, Carlo II d’Asburgo fu seguito dal suo figlio, Rodolfo II.

Villa Amendola custodisce una statua di Carlo II d’Asburgo. La sua prima rappresentazione fu realizzata dall’architetto Cosimo Fanzago nel 1656. La statua rappresenta Carlo II d’Asburgo, il sovrano dell’Impero Asburgico, in piedi su una colonna di marmo. La statua è alta circa 8 metri ed è stata costruita per commemorare la vittoria di Carlo II contro i Turchi a Vienna nel 1683. La statua è stata collocata in una piazza nel centro di Napoli, in Italia. La statua è stata realizzata con grande cura, utilizzando materiali di alta qualità, come il marmo di Carrara e il bronzo. Il volto di Carlo II è stato scolpito con grande precisione, in modo da catturare l’espressione di orgoglio e di sicurezza del sovrano. La statua di Carlo II d’Asburgo è diventata un simbolo importante per la città di Napoli e per l’intero Impero Asburgico. Per questo motivo, la statua è stata spesso oggetto di restauri e di aggiornamenti. La statua è ancora oggi uno dei monumenti più famosi della città di Napoli.

Villa Amendola contiene una rappresentazione digitale ad alta risoluzione situata nella sezione Pinacoteca in grado di interagire con il visitatore che voglia provare una esperienza innovativa.

Il Progetto

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La nuova dimensione di Villa Amendola.
Tre sale Pinacoteca, una neonata Sala Sensoriale, l’abbattimento delle Barriere Architettoniche, una piattaforma di collegamento al secondo piano ad alta efficienza energetica, un sistema integrato per la fruizione dei contenuti digitali e dei sensori per quelli interattivi, un tour a realtà aumentata per scoprine i segreti, un Totem Multimediale all’interno del Giardino, un’Oasi degli Odori con labirinto per bambini nell’Orto Botanico.

Il progetto, redatto dal funzionario di Palazzo di Città, arch. Vito Guerriero, che ha curato anche la Direzione dei Lavori, ha potenziato Villa Amendola migliorandone i servizi ed ottimizzandone le strutture per raggiungere nuovi target di visitatori andando, comunque, a fidelizzare chi già vive quel luogo della Cultura.
Il Comune di Avellino, grazie al supporto di Analist Group srl e della SA.MO Costruzioni che hanno realizzato, rispettivamente, interventi immateriali e strutturali, apre una nuova era per Villa Amendola. Il valore Museo Civico ed il suo Orto Botanico vengono rafforzati grazie al miglioramento dell’offerta del Patrimonio Storico-Museale all’utenza e all’ampliamento della sua fruizione tramite l’utilizzo di tecnologie innovative.
Gli interventi realizzati rispondono all’Azione Specifica 6.8.3 (“Messa in Sicurezza e Recupero di Spazi di grande valore Storico-Monumentale, Interventi di Rigenerazione Urbana e Valorizzazione Identitaria”) che centrano l’Obiettivo Tematico 6 (“Preservare e Tutelare l’Ambiente e Promuovere l’Efficienza delle risorse”) previsto dall’Asse Prioritario X (“Sviluppo Urbano Sostenibile”) del POR FESR Campania 2014-20 ed inserito nel PICS (“Programma Integrato Città Sostenibile”).
L’importo assegnato per il costo totale del progetto è pari a circa 160 mila euro: gli interventi hanno riguardato aspetti strutturali ed immateriali.
Il Comune di Avellino è entrato in possesso di Villa Amendola e dell’Orto Botanico con la Delibera n.73 del 31 luglio 2003, durante l’Amministrazione Comunale guidata da Antonio Di Nunno.
In questi primi venti anni di gestione comunale, la struttura è stata oggetto di importanti interventi di ristrutturazione e conservazione.
Il primo è quello finanziato dal PICA (Progetto Integrato Città di Avellino) che realizzò la ristrutturazione del corpo di fabbrica di Villa Amendola: la struttura portante in muratura è stata conservata, mentre i solai sono stati demoliti e ricostruiti, quasi totalmente, con travi di legno lamellare a vista.
Con la Delibera di Giunta Comunale n.12 del primo agosto 2013, l’Amministrazione guidata dal sindaco Paolo Foti ha conferito a Villa Amendola la destinazione di “Polo Culturale” destinando il “piano nobile” dell’edificio a sede del Museo Civico.
L’allestimento del Museo della città di Avellino ha visto impegnati i funzionari di Palazzo di Città, la Soprintendenza dei Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici per le province di Avellino e Salerno ed è terminato il 10 gennaio 2014 con l’apertura al pubblico del Museo Civico.


Villa Amendola

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Villa Amendola è una villa ottocentesca situata a Avellino, in Campania. La sua costruzione risale al 1871, quando il conte Antonio Amendola, un ricco proprietario terriero, decise di far costruire una grande villa per la sua famiglia. La villa era un luogo di ritrovo per la nobiltà dell’epoca ed era un luogo ricco di storia e di cultura. Nel corso degli anni, la villa è stata utilizzata come rifugio per la famiglia Amendola e come luogo di ritrovo per la nobiltà dell’epoca. La villa è stata anche utilizzata come dimora per alcuni membri della famiglia reale, come ad esempio il re Umberto I. In seguito, la villa è stata utilizzata come sede di importanti eventi, come ad esempio la firma della pace tra l’Italia e l’Austria-Ungheria nel 1866. La villa è stata anche usata come sede di importanti riunioni politiche, come ad esempio quelle tra il re Umberto I e il re Vittorio Emanuele III. Nel corso degli anni, la villa è stata anche sede di importanti conferenze e riunioni culturali, come ad esempio quelle della Società Italiana per la Promozione della Cultura e della Ricerca Scientifica. Dopo la morte del conte Antonio Amendola, la villa è stata donata alla città di Avellino nel 1960. La villa è stata poi restaurata e trasformata in un museo aperto al pubblico. Oggi, la villa ospita mostre ed eventi culturali e rappresenta un importante luogo di interesse storico.